NATALIA RE

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Natalia Re: “Abbiamo il dovere, di sensibilizzare e non dimenticare che altri popoli vivono in Stati in cui la tutela dei diritti è ancora un miraggio lontano”

La pena di morte, chiamata anche pena capitale, è una sanzione di tipo penale che consiste nel togliere la vita al soggetto condannato. In Italia, così come nella maggior parte degli Stati del mondo, la pena di morte è stata, ragionevolmente, abolita. In altri, invece, viene ancora praticata, in particolare per i reati di maggiore gravità, quali l’omicidio, l’alto tradimento o lo stupro, ma ci sono Stati nei quali è addirittura prevista per reati di opinione, quali l’apostasia, o per orientamenti e comportamenti sessuali, come l’omosessualità e l’incesto. Ripercorriamo insieme la storia della pena di morte in Italia e nel mondo al fine di tracciare il quadro giuridico attuale, con un focus su quanto fatto in Europa.

 

Partiamo da un dato, quello raccolto da Amnesty International. Secondo il quale neppure la pandemia da COVID-19 ha fermato la pena di morte! Solo nel 2020, sono state 483 le esecuzioni contate da Amnesty International, il dato più basso registrato in oltre un decennio, in calo del 26% rispetto al 2019 e del 70% rispetto al picco di 1.634 casi registrato nel 2015.  La flessione sarebbe dovuta soprattutto all’Arabia Saudita, dove le esecuzioni registrate sono scese dalle 184 nel 2019 a 27 nel 2020, e all’Iraq, dove le esecuzioni risultano più che dimezzate, passando da 100 nel 2019 a 45 nel 2020. Nel conteggio, come sempre, sono esclusi i Paesi che classificano i dati sulla pena di morte come segreti di stato o per i quali sono disponibili informazioni limitate (Cina, Corea del Nord, Siria e Vietnam), anche se proprio la Cina resta presumibilmente “il primo boia al mondo” con migliaia di morti ogni anno. Dietro, quattro Paesi raccolgono l’88% delle esecuzioni registrate: Iran, Egitto, Iraq e Arabia Saudita. Ma ci sono anche buone notizie: l’abolizione della pena capitale in Ciad e nello stato del Colorado, l’impegno del Kazakhistan ad abolirla e la cancellazione dell’obbligatorietà della condanna nelle Barbados.

Sono 142 i paesi nel mondo che hanno abolito la pena di morte per legge o nella pratica, lasciando a 56 il numero dei paesi che ancora praticano esecuzioni capitali.

 

In Italia la pena di morte fu abolita dal re Umberto di Savoia alla caduta del fascismo, con il d.l.l. n. 224 del 10 agosto 1944: fu mantenuta solo per i reati fascisti e di collaborazione con nazisti e fascisti e inflitta dai tribunali militari degli alleati della seconda guerra mondiale.

Al termine della guerra, la pena di morte rimase in vigore per punire i reati che al tempo venivano ritenuti più gravi, quali rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, costituzione o organizzazione di banda armata.

La Costituzione Italiana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, abrogò la pena di morte definitivamente, rendendoci così una delle nazioni più umane e civili del mondo. L’ultima esecuzione avvenne il 5 marzo del 1947, alle 5 del mattino. Un passato ormai lontano. Uno spettro che non ci riguarda più come cittadini italiani, ma che ci coinvolge sul fronte internazionale, quali cittadini attivi e capaci di promuovere e sostenerne l’abolizione. La pena di morte rimase comunque nel Codice Penale militare di guerra fino al 1994, anno in cui fu sostituita dall’ergastolo.

 

La pena di morte è oggi incostituzionale nel nostro Paese. L’articolo 27 della Costituzione Italiana recita infatti che “La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

 

Come parte del suo impegno per difendere i diritti umani, l’Unione europea è il più grande donatore nella lotta contro la pena di morte nel mondo. Tutti i paesi europei hanno abolito la pena di morte in linea con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

L’UE combatte la pena di morte in numerosi modi. Vieta il commercio di merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte e utilizza le politiche commerciali per incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo. Inoltre supporta le organizzazioni della società civile nei paesi che ancora applicano la pena di morte, facendo un lavoro di documentazione e di sensibilizzazione atto a definire e stimolare un quadro di denuncia molto forte.

L’Unione europea, come osservatore permanente dell’ONU, sostiene convintamente tutte le azioni che pongono fine alla pena di morte dove è ancora praticata.

Il Parlamento europeo adotta le risoluzioni e ospita i dibattiti che condannano le azioni dei paesi che ancora utilizzano la pena capitale. Possiamo ricordare una risoluzione del 2015 sulla pena di morte, in cui si condannava il suo uso per sopprimere l’opposizione, oppure per ragioni di credo religioso, omosessualità e adulterio.

La Bielorussia è l’unico paese del continente europeo che continua a praticare le esecuzioni capitali. In Russia c’è invece una moratoria.

Dunque, nella consapevolezza dell’utilità rieducativa della pena, fieri di essere europei ed italiani, abbiamo il dovere, proprio poiché consapevoli di un destino umanitario e di diritto, molto più dignitoso di altri, di sensibilizzare e non dimenticare che altri popoli vivono in Stati in cui la tutela dei diritti è ancora un miraggio lontano, talvolta neanche percepito.