NATALIA RE

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La Presidente del MIG, Interviene sulla crisi del civismo

Presidente della gentilezza
  1. m. [dal fr. civisme, der. (1790) del lat. civis «cittadino»]. – Nobiltà di sentimenti civili, alto senso dei proprî doveri di cittadino e di concittadino, che spinge a trascurare o sacrificare il benessere proprio per l’utilità comune: dare prova di civismo.

 

Il MIG (Movimento Italiano per la Gentilezza) nasce nel 2000 nella Città di Parma, grazie alla volontà dei coniugi Aiassa, oggi, la Presidenza risiede a Palermo. A guidarla, sono io.

Il MIG, da subito riconosciuto dal Worl Kindness Movement (Movimento Mondiale), opera nel diffondere quanto più possibile il principio ispiratore, che vuole in ognuno di noi la disponibilità a comprendere i problemi del nostro prossimo e cercare di risolverli, ricevendone in cambio la soddisfazione intima e preziosa di aver aiutato qualcuno. Nella nostra epoca e nel nostro contesto sociale, l’obiettivo emergente risulta essere una più profonda e concreta diffusione della gentilezza fra i concittadini, del senso civico, del rispetto delle regole, della cosa pubblica, dell’ambiente e delle persone, nel quadro di una più armonica convivenza tra gli uomini.

Il 13 novembre si celebra la “Giornata mondiale della Gentilezza” nata in Giappone grazie al Japan Small Kindness Movement, fondato nel 1988 a Tokyo, dove due anni prima si era costituito un primo gruppo di organizzazioni riunito nel World Kindness Movement (Movimento mondiale per la Gentilezza). E da lì, si è diffusa in tutto il mondo!

La nostra società evidenzia una sorta di sbandamento rispetto ai principi di un armonioso vivere civile. Vengono così a determinarsi malessere e mancanza di ideali e di punti di riferimento.

Da qui la necessità di inserirmi nel dibattito nazionale e mondiale sulla difesa dei diritti umani e dunque sulla proposta di un “civismo autentico”.

Perché infatti esiste, in contrapposizione al civismo autentico, un civismo non autentico, falso.

Civismo è l’ultima delle parole magiche che la politica ha usurpato dal vocabolario per elevarla, illusoriamente, a formuletta risolutiva della propria crisi di idee, di contenuti, di senso. Dunque, di credibilità. E come tutte le parole magiche che, periodicamente, diventano di moda nel discorso pubblico, anche questa sfugge a una precisa definizione, può contenere tutto e il contrario di tutto, il vero e il falso, il bene e il male.

 

Eppure civismo è una parola dal significato preciso perché antica, antichissima. Basterebbe avere qualche dimestichezza con l’etimologia per comprendere l’uso inappropriato e fuorviante che se ne sta facendo in questi mesi per far fronte al declino della politica e all’eclissi dei partiti.

 Viene dal latino civis, cittadino: alto senso dei propri doveri di cittadino, che spinge a trascurare o a sacrificare il proprio benessere per l’utilità comune, è la definizione della Treccani.

Significa, cioè, osservare patti e rispettare regole che consentono il vivere insieme con gli altri, avere la coscienza dei propri doveri, dettata dal riconoscimento e dal rispetto dei diritti degli altri, tutelare e aver cura degli spazi e dei beni comuni, di pubblica proprietà e di pubblica utilità, al pari degli spazi e dei beni privati. Derivazione di civis e di civismo è, non a caso, la parola civiltà (dal latino civilitas), l’organizzazione della vita materiale, sociale e anche spirituale di un popolo misurata, in ultima istanza e nelle società moderne, proprio con il livello di osservanza e di rispetto del patto di convivenza civile, di coscienza dei doveri, di cura dei beni comuni.

Difficile, se si parte dalla significanza delle parole, comprendere che cosa c’entri tutto ciò con la formuletta magica del “civismo” tanto in voga oggi nella politica, in particolare nei mesi che precedono le elezioni e nei giorni decisivi della scelta delle candidature. Difficile capire che cosa c’entri il “civismo”, nell’accezione più alta del termine, con la confusa e indistinta proliferazione di liste e candidati civici nel solo tempo delle elezioni, che cosa c’entri l’alto senso dei propri doveri di cittadino.

Questo falso “civismo” è l’epilogo inevitabile contrapposizione tra una “società civile buona” e una “società politica cattiva” al centro, negli ultimi decenni, del racconto mediatico italiano. Un racconto fuorviante.

Il nostro compito è quello di rispettare il senso classico ed universale, il valore etico del civismo che si connette strettamente, invece, alla difesa dei diritti umani ed alla costruzione di una società sostenibile ed armoniosa.