NATALIA RE

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Natalia Re: “La mia Lectio Magistralis al Convegno ‘La dimissione e il follow up del pretermine in Sicilia’”

Buongiorno a tutti, giungano i miei più sentiti saluti al direttore Scientifico Cav. Dott. Marcello Vitaliti e le mie rinnovate congratulazioni per il Cavalierato della Repubblica ricevuto il 2 giugno scorso. Giungano a Marcello i miei ringraziamenti per avere permesso al Movimento di esprimersi in questa prestigiosa occasione. Ringrazio e saluto il comitato organizzatore, le autorità presenti e Voi tutti da parte del World Kindness Movement e del Movimento Italiano della Gentilezza da me rappresentati.

 

Da secoli i filosofi, gli scrittori, gli studiosi e i pensatori di vari ambiti si chiedono che cosa sia la gentilezza e se faccia parte a livello innato dell’essere umano.  Essere in relazione con gli altri non è una scelta, ma un bisogno.

 

Direi dunque se siamo davvero così strettamente legati l’uno all’altro – a dispetto dell’illusoria autosufficienza sulla quale insistono molti messaggi contemporanei -, dovremo trovare un modo per relazionarci l’uno con l’altro, per vivere su questo pianeta con gioia insieme a tutti gli altri esseri viventi che lo popolano (perché la Terra non è di nostra proprietà). Questo messaggio ci suggerisce un atteggiamento di rispetto e accoglienza dell’altro che definiamo come gentilezza.

 

Fanno parte della gentilezza l’attenzione verso i bisogni dell’altro, l’ascolto, il rispetto dei suoi spazi e il desiderio di farlo sentire bene fisicamente ed emotivamente e per Voi operatori sanitari significa addirittura preservarne la vita e nello specifico, la vita di coloro che nascono sotto il segno di una fragilità qui declinata come nascita pretermine.

 

Uno studio statunitense pubblicato sulla rivista (Proceedings of the National Academy of Sciences): attraverso una serie di interviste, questionari e campioni di sangue giunge ad affermare che occuparsi degli altri influisce positivamente sulla nostra salute e longevità – dati dimostrabili, secondo lo studio, a livello genetico e molecolare.

 

Questi vantaggi derivanti dal mettere in atto genuinamente gesti gentili con gli altri sono stati chiaramente illustrati nella famosa teoria di Daniel Goleman sull’intelligenza emotiva, che sottolinea come la capacità di essere empatici e disponibili con l’altro sia la base per il raggiungimento di una felice convivenza nei diversi ambiti: in famiglia, nel lavoro, con i figli, con le amicizie.

 

Nonostante queste evidenze, di fronte ai valori predominanti proposti dalla nostra società non è semplice educare alla gentilezza.

 

La gentilezza, dunque, sembra un valore a volte fuori moda. Spesso si dà per scontata. A volte, ci si limita a insegnare a dire “grazie”, “prego” e “per piacere” senza, però, soffermarsi sul reale significato di queste parole. Senza realmente trasmettere che “grazie”, “prego” e “per piacere” sono sì parole gentili, ma che non devono essere dette tanto per dire. Non solo parole che devono essere dette per educazione. C’è di più. “Grazie”, “prego” e “per piacere” sono parole gentili, che fanno bene a noi stessi e agli altri ed è bello dirle ed è altrettanto bello sentirsele dire.

 

Educare alla gentilezza, però, non è solo questo. Educare alla gentilezza è un processo complesso, continuo, che si costruisce nella quotidianità che si nutre della delicatezza dell’empatia e della forza dell’ascolto. Educare alla gentilezza è un dono per sé e per la comunità ed i vostri reparti sono e devono essere presidi di gentilezza.

 

Luoghi in cui rendere sempre più umano il periodo dopo la nascita prematura, per mamma e bambino. E riflettere su quanto i piccoli abbiano bisogno del contatto di pelle con la madre, anche quando nati a termine. Perché solo quel calore, quel profumo di mamma, quella voce possono consolare e dare fiducia nella vita, altrettanto (e forse più) del cibo. L’amore che cura è prezioso ad ogni età, ma soprattutto per i più piccoli. L’amore che cura non ha bisogno solo di dolci parole, ma di un contatto reale e prolungato con la mamma, perché questo è il bisogno primario del neonato, prematuro o nato a termine che sia: un bisogno insopprimibile e ineludibile, se vogliamo che cresca felice. O almeno sicuro e sereno.

 

Questa lettura è intrisa di speranza, la speranza dell’idealismo che vuole indicare un percorso proprio alla scienza, unendola a sé e trascinandola verso nuovi lidi, nuovi orizzonti, nuove conquiste nobili e rasserenanti.  Per una vera crescita che diventi vero progresso ci aiuterete voi che saprete andare oltre le regole e ricercare il mistero, e qualche volta infrangerlo, scoprendo che supera e può indirizzare la scienza stessa.

 

Vive ciò che curiamo, non solo ciò che seminiamo.