La storia ci racconta che sono stati in molti i nemici che hanno contribuito a rafforzare l’identità dei popoli: dai barbari, il nemico prescelto dagli antichi Greci.
Secondo lo storico Alessandro Barbero 《Erano i barbari ad avere paura dei legionari . Tanto che alla fine quasi tutti furono romanizzati. L’ integrazione fu un modo politico per esorcizzare la paura del diverso》.
Ed è qui, sfiorando gli accadimenti tra i più noti della storia antica, che ritroviamo il vizio della paura con le sue mille sfaccettature neuro psicologiche e sociali e con la sua inarrestabile attualità.
Se le reazioni comportamentali della paura consistono nella fuga e nell’evitamento, le fobie che ne derivano, non celano nessun significato simbolico inconscio, cosicché la paura si lega semplicemente ad un’ esperienza di apprendimento errato ed involontario nei confronti di qualcosa o qualcuno.
Spesso l’ altro, il diverso, l’ inarrestabile.
La paura andrebbe, dunque, gestita per evitarne gli effetti di dipendenza ed assuefazione.
La politica spesso istiga alla paura ed assoggetta, polarizza e gioca all’ azzardo sparigliando le carte.
Istiga alla coercizione e nega diritti.
Questo è accaduto in Iran negli ultimi 44 anni almeno.
Un parodosso culturale e di sviluppo democratico, un ossimoro.
Quando gli obiettivi per la Coesione Territoriale e l’ Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (per i quali è tangibile un programma di azione a vantaggio delle persone) non si mitigano la gentilezza non viene più praticata neanche nei formalismi e le libertà finiscono col cessare ad una velocità che è quella della globalizzazione.
L’esperienza di Masha Amini, ventiduenne curda arrestata e poi uccisa a Theran il 13 settembre del 2022 per non avere indossato correttamente il velo facendo scorgere i capelli, cifra di una bellezza che va mortificata, infiamma la protesta delle donne e dei giovani iraniani.
Da diversi mesi scendono in piazza, manifestando contro la polizia locale.
Donne, giovani, studenti manifestano contro la repressione che l’Onu condanna fermamente.
Queste donne, cui il velo è imposto a partire dai 7 anni di età, si trovano a testimoniare sulla loro pelle livida, una rottura interna alla società.
L’ imposizione del velo, dopo la presa di Khomeini, rappresenta una vendetta contro i divieti di indossarlo posti dallo Shah.
Le donne iraniane non hanno dunque mai potuto scegliere.
Secondo i dati elaborati dalla Fondazione Bourse and Bazaar, la partecipazione delle donne iraniane al mondo del lavoro si attesta al 13%, dato rilevato a settembre 2022.
Numeri bassissimi, che denunciano disallineamento e diseguaglianza di opportunità e trattamento nelle politiche di sviluppo di questo paese. Ed allora cosa c’ entra la gentilezza?
La gentilezza è un antidoto contro la paura, uno strumento di rivoluzione e di autodeterminazione.
Uno strumento di lotta all’ indifferenza.
Il gesto di cooperazione delle donne che si privano di una ciocca per solidarietà, è esso stesso un gesto di gentilezza assoluta.
La gentilezza diventa libertà ed autodeterminazione.
L’individuo ha paura di se stesso, solo dopo dell’ altro, e se la gentilezza viene considerata debolezza, allora abbiamo ricavato da questa avara ed ingiusta valutazione il motivo della sua limitazione.
La Vita è donna, come lo sono la gentilezza e la libertà.
Credervi ha portato a rinunce e tragiche morti.
Masha Jina Amini ne è vittima e memoria.
I giovani gridano: “Combattiamo, muoriamo, ma riprendiamoci l’Iran”.
A distanza di due anni il video di Ahou Daryaei è diventato virale, l’angoscia per la sorte della ragazza anche. La studentessa iraniana è stata arrestata sabato dopo che, per protestare contro l’obbligo del velo, si è spogliata dei vestiti rimanendo in biancheria intima nel cortile del dipartimento di Scienza e Ricerca dell’università Azad di Teheran.
Da allora di lei non si sa più nulla, e il timore è che possa subire da parte della polizia la stessa violenza che due anni fa toccò a Mahsa Amini, arrestata per non aver indossato correttamente il velo e morta in seguito alle percosse della polizia. La sua tragica scomparsa scatenò un’ondata di proteste in tutto l’Iran dando il via al movimento ‘Donna, Vita, Libertà’.
Oggi gran parte degli iraniani sono uniti sotto il motto ” Donne, Vita, Libertà “.
La paura trasforma i popoli in masse, la gentilezza li conduce verso l’ autodeterminazione.
L’autodeterminazione è libertà.
Natalia Re