La storia di mio padre, di mia madre e di un’Italia che ha bisogno di umanità
di Natalia Re
Ci sono ferite che non si rimarginano, ma che impariamo a portare con dignità.
Mio padre, Alberto Re, non ce l’ha fatta a sopportare il peso della gogna mediatica. È stato schiacciato da giudizi affrettati, titoli urlati, e da una narrazione pubblica che non lascia spazio all’anima umana, alle sue fragilità, alla sua verità.
Un uomo che ha dato tanto, che ha sempre cercato di restituire con onestà, si è trovato nudo davanti a un tribunale senza volto: quello dell’opinione pubblica. E quel peso, un giorno, è diventato troppo.
Il giorno in cui mio padre ha deciso di togliersi la vita, una parte del mio mondo si è spenta per sempre. A trovarlo, viva e disperata, è stata mia madre. Un’eroina silenziosa, che in quell’istante ha incarnato tutta la forza, l’amore e il coraggio che spesso associamo ai santi, ma che raramente riconosciamo nelle persone comuni. Lei ha tentato l’impossibile. Lei è rimasta. E con lei, anch’io ho trovato la forza di non crollare.
Dal dolore nasce la mia missione.
Dal vuoto, ho fatto spazio alla gentilezza.
Oggi presiedo il MIG – Movimento Italiano per la Gentilezza. Non l’ho fondato io, ma l’ho abbracciato come un luogo di senso, un seme di speranza in un’Italia che ha disperato bisogno di attenzione, ascolto e rispetto. Gentilezza come scelta quotidiana, come atto politico, sociale e umano. Una forma di resistenza a un mondo che corre, che giudica, che consuma persone come se fossero titoli del giorno prima.
Il dolore non è passato. Non passerà mai.
Il vuoto si allarga in certi giorni più che in altri. Come quando ci svegliamo e scopriamo che è morto Papa Francesco.
Un’altra figura paterna per molti di noi. Un uomo che ha saputo incarnare, con semplicità e fermezza, la tenerezza come guida. Con la sua morte, si riapre quella sensazione di smarrimento, di assenza. Un dolore collettivo che, come il mio, chiede di essere trasformato. In preghiera, in memoria, in azione.
Mio padre è caduto nel silenzio della nostra indifferenza collettiva.
Ma oggi, attraverso il MIG, io scelgo ogni giorno di rompere quel silenzio con atti di gentilezza.
Mia madre ha resistito al dolore. Io provo a convertirlo in senso.
E se anche tu ti senti perso, in un’Italia che spesso dimentica l’umano dietro la notizia, sappi che non sei solo.
C’è un movimento che cammina piano, ma va lontano.
Con gentilezza,
Natalia Re