Ci siamo abituate a raccontarci come vittime. E in molte circostanze, lo siamo state. Ma questa narrazione – pur necessaria – rischia di diventare una gabbia, se non iniziamo a guardare anche dall’altra parte dello specchio.
C’è un lato del mondo femminile che resta spesso nell’ombra: quello ruvido, competitivo, giudicante. Un mondo che non sempre accoglie, che troppo spesso separa invece di unire. Basta osservare certi ambienti di lavoro, alcune dinamiche tra madri, oppure lo sguardo critico che scatta, impietoso, tra donne sui social.
Chi osa essere diversa, chi non rientra negli schemi, chi sbaglia o semplicemente sceglie strade non convenzionali, viene isolata più dalle donne che dagli uomini.
Perché accade? Forse perché ci hanno insegnato che c’è posto solo per una alla volta. Che la bellezza di un’altra è una minaccia. Che la competenza di una collega toglie luce a te. Che la maternità, la libertà o l’ambizione sono ancora gare da vincere a colpi di giudizi.
Eppure, lo sappiamo: siamo migliori quando siamo alleate. Quando ci riconosciamo fragili ma anche potenti. Quando invece di soppesare, scegliamo di sostenere. Quando non vediamo l’altra come rivale, ma come possibilità.
Rivedere il mondo femminile non significa fare sconti. Significa invece chiedersi, con onestà, se la nostra forza sta davvero nella rivalità o nella scelta di essere rete, abbraccio, complicità.
La vera rivoluzione è cominciare da noi. Guardarci con meno durezza e più verità. Ricordare che ogni volta che scegliamo di non affondare un’altra donna, stiamo costruendo il mondo che vorremmo per tutte.