NATALIA RE

Monreale, il silenzio dopo gli spari

Una riflessione sulle radici psicosociali di una tragedia sociale annunciata
di Natalia Re
 
La notte del 26 aprile 2025, Monreale – luogo di arte, spiritualità e memoria – è stata trafitta da una violenza brutale. In piazza Duomo, tre giovani sono morti in una sparatoria nata da una lite. Ma questa non è solo una notizia di cronaca. È un grido. Un riflesso crudo del nostro tempo.
 
Dietro la violenza: disagio, solitudine, identità fragili
Non possiamo ridurre tutto al gesto folle di un singolo. Ogni tragedia di questo tipo nasce da radici invisibili: solitudini sommerse, rabbie taciute, identità costruite sulla sabbia. L’aggressore – come le vittime – è un giovane immerso in un sistema che non sa più offrire ascolto, né strumenti per esprimere il disagio.
 
Viviamo immersi in una cultura dell’immediatezza, dove l’empatia è un optional e il conflitto si risolve spesso nella prevaricazione. I legami sociali si sfilacciano. La famiglia è sotto pressione, la scuola è lasciata sola, le comunità arrancano. In questo vuoto, la violenza può diventare linguaggio.
 
Le armi non sono solo pistole
L’arma usata in quella notte non è solo una pistola. È il fallimento di un’educazione emotiva. È un’assenza di rete. È l’indifferenza accumulata. È l’imitazione di modelli tossici, spesso proposti come “forti”, ma in realtà deboli, dominati dalla paura.
 
Serve una nuova alleanza educativa
Politici, insegnanti, genitori, artisti, attivisti: oggi più che mai serve un’alleanza tra chi crede che la cultura possa ancora arginare la deriva della violenza. Non bastano le leggi, servono spazi di ascolto. Non bastano i divieti, servono alternative. Bisogna tornare a dare senso al rispetto, alla dignità dell’altro, alla gestione delle emozioni.
 
Lo Stato ha il dovere di esserci
Ma accanto alla prevenzione educativa, serve anche una presenza chiara e coerente dello Stato. Lo Stato deve intervenire con fermezza per prevenire, ma anche per punire. Non con spirito vendicativo, ma con la responsabilità di chi protegge i cittadini, tutela la legalità e dà un segnale netto contro ogni forma di impunità. Quando la giustizia è debole, la rabbia trova spazio. Quando la legge è assente, la violenza parla più forte.
 
Monreale ci parla. Sta a noi ascoltare.
Monreale non è solo una città. È il simbolo di un’Italia ferita che cerca risposte. Non possiamo ignorare ciò che è accaduto. Dobbiamo farne memoria viva. Coltivare anticorpi culturali, promuovere laboratori sociali, finanziare il cambiamento.
 
Perché dietro ogni ragazzo che cade, c’è una società che deve imparare a rialzarsi con lui.