Parlare ai detenuti di gentilezza, e spingerli ad adottare questa rara cultura è consentire loro di accedere ad una virtù, dalla quale possono rifocillare la loro libertà e ridare dignità al loro tempo.
Per questo la Campagna “#AbbiamoBisognodiRiconoscimento” è necessaria, è essa stessa strumento di riscatto ma anche la denuncia di una grave emergenza nazionale che si incardina su due livelli: mancanza di riconoscimento al merito, mancanza di gentilezza.
Abbiamo bisogno di esempi, abbiamo bisogno di chi ogni giorno sperimenta la gentilezza, mettendola in circolo, praticandola o testimoniandola anche e soprattutto in quei luoghi dove i conflitti sono quotidiani, dai luoghi di lavoro alle carceri. Negli Istituti di Pena, non di rado si manifestano comportamenti violenti che nascono dalla rabbia.
Ci crediamo, è per questo che chiediamo che si declini il nostro invito alla gentilezza con i percorsi dedicati a scuola e nelle carceri, per rimarginare ferite mai lenite, per consentire la bellezza dei gesti, il calore delle parole, per costruire un ponte tra chi sarà il principale attore della società futura e tra chi si è messo ai margini e aspetta di reinserirsi con la consapevolezza
Non ci sono spazi divisi ma, semmai, spazi che vanno recuperati per essere cuciti con gentilezza.
Nei giorni scorsi, mi sono recata in uno Istituto penitenziario, per questo ringrazio la disponibilità ad accogliermi della D.ssa Maria Luisa Malato, Direttore della Casa Circondariale di Palermo “Pagliarelli – Antonio Lorusso”, ed il Presidente Regionale di Antigone, On. Apprendi, per avermi proposta.
Riporto fedelmente, il mio discorso dedicato per l’occasione.
“Ringrazio tutti voi, e le vostre famiglie per essere qui ad ascoltarmi. Sono qui per informare la società, quella esterna, di quanto troppo spesso ci si dimentichi con troppa facilità che chi vive la realtà carceraria, non si tratta di una persona senza identità, senza legami, senza una personalità ed una sensibilità. Il carcere non dovrebbe mai rappresentare una gabbia, anche se fisicamente lo è, ma un
luogo di riabilitazione, recupero, in cui il detenuto deve avere la possibilità di maturare una coscienza ed una consapevolezza su quelle che sono state le cause che lo hanno condotto in quel luogo. Il carcere non dovrebbe mai essere il luogo in cui ci si scarica la coscienza agli occhi della società e si “rinchiudono” quelli che sono scomodi, i “cattivi”.
Trovo fortemente ingiusto che il “l’Istituto Penitenziario” venga percepito dall’opinione pubblica come un mondo lontano, estraneo, quasi scomodo. Ovviamente mi riferisco a chi avrebbe il potere di fare qualcosa di concreto, di investire per migliorare anche solo le strutture, renderle più moderne e sicure per tutti. Per poi passare ad un aspetto ancor più importante ossia il benessere psicofisico dei detenuti.
È necessario considerare, anche, che non tutti i detenuti sono in carcere perché già condannati. Nonostante la custodia in carcere dovrebbe essere l’extrema ratio, avviene un abuso di tale misura che si trasforma di fatto in una anticipazione della pena nella sua forma più dura, senza di fatto che il soggetto sia stato preventivamente condannato. Questo ci porta ad altri due grandi temi, l’abuso di tale misura cautelare, e l’innumerevole quantità di casi di ingiusta detenzione, con indennizzi a carico dello Stato, che toccano somme da centinaia di milioni di euro.
Basterebbe davvero poco per immedesimarsi, immaginate di essere privati della libertà, e quanto possa essere atroce. Ora fate un ulteriore passo, immaginate di essere privati della libertà ma di essere innocenti. Come potrebbe un risarcimento compensare una tale perdita? Per non parlare della gogna, dell’onta a cui sono sottoposte le persone che hanno avuto un’esperienza carceraria.
Aspetto fondamentale se si vuole ottemperare ad un principio della Costituzione che restituisce dignità è il lavoro: «La dignità del lavoro è un diritto fondamentale, fondante di qualsiasi società civile. Fa parte delle libertà e dei diritti fondamentali dell’uomo, ed è un diritto enunciato all’articolo 23 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo». Quando esso manca la strada è quasi ineludibilmente tracciata.
Vi chiederete, adesso, cosa c’entro io con il Movimento Italiano per la Gentilezza?
Se siamo davvero persone così strettamente legate le une all’altro, per esempio alle nostre famiglie, ai nostri amici ma anche ai nostri animali domestici, dovremo trovare un modo per stare bene con noi stessi e con gli altri. Questo messaggio ci suggerisce un atteggiamento di rispetto e accoglienza dell’altro: questa è la gentilezza!
Fanno parte della gentilezza l’attenzione verso i bisogni dell’altro, l’ascolto, il rispetto dei suoi spazi, ed il desiderio di farlo sentire bene fisicamente ed emotivamente. Ciascuno di noi, di voi è gentile. Non dimentichiamolo mai. Una forma immediata di gentilezza è l’amore. Ricercatelo dentro voi stessi, e vi restituirà un pezzettino di quella libertà a voi negata, e che riconquisterete grazie alla vostra corretta condotta”.
Vi saluto con la lettura di un Anonimo carcerato
Ci fu donato il tempo:
tempo di soffrire,
piangere,
ricordare
… e poi riflettere
sognare
sperare
…e ancora attendere
tempo di luce
pace e serenità